
Una terra divisa in due. Un ragazzo, cresciuto in quei confini, costretto a fuggire. La guerra era insostenibile, ogni guerra lo è. Si chiama Amath — “colui che governa le acque” — ed è arrivato in Italia quindici anni fa. La Costa d’Avorio, il paese in cui è cresciuto e dove si è laureato, specializzandosi prima in letteratura inglese e poi in quella africana, l’ha abbandonata nel dicembre del 2002, quando la guerra civile era scoppiata ormai da un paio di anni. Si è trasferito in Senegal, ma le condizioni sociali e lo stipendio da insegnante rendevano la vita impossibile. Poi in Francia, in attesa del lascia passare, mai arrivato, per l’Inghilterra. Infine a Roma, dove suo fratello abita dagli inizi degli anni Duemila e tutto, pensava, sarebbe stato più facile.
«All’inizio ho provato a insegnare. Chiedevo se qualcuno avesse bisogno di corsi di lingua inglese e francese, ma ero io il primo a dover imparare l’italiano. Sapevo dire solo “ciao”» racconta Amath, aggiustandosi il cappello. «Sentivo di dover superare la barriera della lingua, altrimenti non avrei realizzato nulla». Si ritrova a vendere oggetti e fiori per strada e, in quel periodo, ad ogni persona che incontra racconta la propria storia. Cosa sa fare, cosa sogna di fare. Alcuni lo aiutano, diventano suoi studenti o spargono la voce tra le famiglie che conoscono.
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