
Quando nel 1958 l’Accademia di Svezia assegnò il premio Nobel per la Letteratura a Boris Pasternak per i meriti nel campo della poesia moderna e per il contributo alla tradizione del grande romanzo russo con la pubblicazione de Il Dottor Zivago, l’autore rispose con una nota in cui si diceva “immensamente riconoscente, toccato, orgoglioso, attonito, imbarazzato,” ma impossibilitato ad accettare il premio. Le autorità russe tenevano infatti in ostaggio la donna che amava, Olga Ivinskaja: Pasternak era stato tanto incauto da aprire la strada a un’intera serie di pubblicazioni antisovietiche coronate da Arcipelago Gulag, un saggio di inchiesta scritto tra il 1958 e il 1968 da Aleksandr Solženicyn sul sistema dei campi di lavoro forzato nell’Urss.
Erano gli anni della Guerra Fredda, segnati dalla contrapposizione politica, ideologica e militare tra le due potenze principali emerse vincitrici nel dopoguerra, gli Stati Uniti d’America e l’Unione Sovietica. L’Europa era divisa in sfere di influenza e si erano formati blocchi internazionali ostili, denominati comunemente come Occidente (gli Stati Uniti, gli alleati della Nato e i Paesi amici) e Oriente o “blocco comunista” (l’Unione Sovietica, gli alleati del Patto di Varsavia e i Paesi alleati).Si racconta che per riuscire a pubblicareIl Dottor Zivago in lingua originale – come richiesto dall’Accademia di Svezia per poter essere candidati al Nobel – in un clima di simile tensione, dovette intervenire la CIA, la nota agenzia di spionaggio degli Stati Uniti d’America. Scoperto il romanzo, la sezione russa dell’intelligence capì molto bene i vantaggi politici ottenibili dalla pubblicazione di un’opera vietata in patria e, scoperto il volo su cui si trovava il passeggero a cui Pasternak aveva consegnato una copia da far recapitare all’editore italiano Feltrinelli, il pilota fu costretto a fare scalo a Malta. Svuotato l’aereo, gli agenti della CIA recuperarono la valigia con il romanzo, ne fotografarono ogni pagina e lo rimisero al suo posto.
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