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Il dialogo non ferma gli atti terroristici, ma non forma nuovi terroristi

giuspor25

Nei giorni successivi alla strage di Macerata, in cui Luca Traini ha sparato da una macchina in corsa contro un gruppo di persone, tutte straniere, sono emersi due punti principali.

Il primo riguarda la possibile interpretazione del fatto quale atto terroristico, somma delle tre componenti principali figuranti nelle definizioni più complete: violenza, obiettivo politico, audience. La seconda, più spaventosa, è il supporto nato in difesa del ventottenne italiano, tanto che su Ponte Milvio, a Roma, è comparso, per pochi minuti, uno striscione con la scritta “Onore a Luca Traini”. I commenti di solidarietà sul web hanno mostrato l’immagine di una parte del Paese per cui lo “straniero” è il nemico da distruggere, causa di tutti i problemi. Esasperazioni virtuali che nel peggiore dei casi si trasformano in scontri reali, in atti di giustizia fai-da-te indirizzati a minacciare civili e istituzioni, al fine di affermare le proprie convinzioni.

Sembra esistere, però, una valida alternativa a rispondere alla violenza con la violenza: sfruttare la potenza delle parole, del dialogo. Negoziare, trattare, educare.


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